Un rapporto mette in luce i problemi dei cristiani in Medio Oriente
di padre John Flynn, LC
Un rapporto pubblicato recentemente da Aiuto alla Chiesa che Soffre fa il punto della situazione sulle persecuzioni subite dai cristiani in molti Paesi. In
particolare, si concentra sulle condizioni molto difficili nei Paesi mediorientali.
Nella prefazione del rapporto, dal titolo “Persecuted and Forgotten? A Report on Christians Oppressed for their Faith: 2011 Edition”, l’Arcivescovo Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, osserva che “il Calvario non è un nome che appartiene solo all’archeologia e all’antichità”.
“È una realtà contemporanea che descrive, a livelli diversi, la sofferenza di molte Chiese in Medio Oriente, dove essere cristiani significa accettare di dover fare grandi sacrifici”, aggiunge.
Nella sua introduzione, l’autore del rapporto, John Pontifex, stigmatizza ciò che definisce la brutalità a sangue freddo subita spesso dai cristiani, con l’indifferenza dell’Occidente.
“Questo mancato riconoscimento dei crimini contro il cristianesimo non potrebbe essere più tragico, in un periodo in cui, nei principali Paesi, le violenze e le intimidazioni contro i fedeli si sono palesemente aggravate”, osserva.
È in atto una crescente ondata di violenze in molti Paesi musulmani, sottolinea Pontifex. A suo avviso, ciò è in parte dovuto al fatto che i cristiani sono considerati vittime surrogate degli estremisti islamici, che manifestano in questo modo la loro ostilità contro l’Occidente.
Ma è anche espressione del desiderio dichiarato di alcuni estremisti di eliminare completamente il cristianesimo dalle loro Nazioni, sostiene l'autore.
Sparatorie
Il rapporto passa poi allo studio di più di 30 Paesi, tra i quali l’Egitto, che ha la più grande minoranza cristiana in Medio Oriente, composta da circa 10 milioni di persone. L’elevato numero dei cristiani non ha impedito che su di essi si abbattesse negli ultimi anni un’ondata di azioni di violenza.
Alcuni episodi sono stati di primo piano, come la sparatoria nel gennaio 2010 all’uscita della Messa di mezzanotte per il Natale copto e l’autobomba esplosa davanti alla chiesa dei Santi, una chiesa copta ad Alessandria, nel gennaio di quest’anno.
Il rapporto osserva inoltre che la conversione al cristianesimo è ancora vietata dalla legge, sebbene la Costituzione garantisca espressamente la libertà di credo e di religione.
Nonostante le difficoltà legali, dovute al fatto che i convertiti non possono modificare le loro carte d’identità dopo l’acquisizione del loro nuovo status, secondo Aiuto alla Chiesa che Soffre il numero delle conversioni è in aumento.
Un altro problema per i cristiani in Egitto è che spesso viene negato il permesso per la costruzione di nuove chiese o per la ristrutturazione di quelle esistenti. L’autorizzazione ufficiale per le nuove chiese può richiedere anche 30 anni e deve passare per l’approvazione personale del Presidente.
Passando all’Algeria, il rapporto osserva che negli ultimi tempi vi è stata un’ondata di denunce e di atti intimidatori contro i cristiani convertiti, sulla base di accuse di proselitismo, considerata una pratica non permessa dalla Costituzione.
Sebbene l’Islam sia la religione ufficiale dello Stato, Aiuto alla Chiesa che Soffre sottolinea che la Costituzione tutela anche il diritto alla libertà di pensiero e di pratica religiosa, entro alcuni limiti.
Uno dei problemi in Algeria è che il 95% dei cristiani è composto da stranieri. Di conseguenza, sono considerati estranei e spesso visti con sospetto.
In Iran il cristianesimo è riconosciuto dallo Stato, ma il suo status giuridico è precario, secondo il rapporto. Gli appartenenti a religioni di minoranza sono, di fatto, cittadini di serie B. Inoltre, non è loro consentito di diffondere le proprie convinzioni o manifestarle al di fuori dei loro luoghi di culto.
Il riconoscimento della Chiesa cattolica è una questione che Papa Benedetto XVI ha ripreso in una lettera indirizzata al Presidente Mahmoud Ahmadinejad lo scorso novembre. Il Papa ha chiesto di poter avviare un dialogo sullo status giuridico della Chiesa in Iran.
Conversioni
L’apostasia, ovvero il ripudio dell’islam, è vietata dalla legge, tanto che quando avvengono conversioni poi rese pubbliche sono sempre seguite da arresti di cristiani o attacchi contro le chiese.
Secondo notizie recenti, il numero dei cristiani assiri iraniani si è ridotto dai circa 100.000 della metà degli anni Settanta agli appena 15.000 di oggi.
L’Iraq è un altro Paese in cui il numero dei cristiani è diminuito molto. Secondo Aiuto alla Chiesa che Soffre, i Vescovi del Paese stimano che il numero si sia ridotto dai quasi 900.000 a forse meno di 200.000.
L’esodo è stato ulteriormente stimolato dall’assedio della Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza, a Baghdad, lo scorso 31 ottobre, con il massacro di almeno 52 persone.
Tra il 2003 e il 2010, più di 2.000 cristiani sono stati uccisi dalle violenze, e molti sono stati presi di mira solo a motivo della loro fede, afferma il rapporto.
Anche la popolazione cristiana dei territori della Terra Santa è crollata. Il rapporto spiega che quando il Papa si è recato in visita all’Arcivescovo Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, nel maggio del 2009, sono stati pubblicati alcuni dati secondo cui i cristiani palestinesi a Gerusalemme si sono ridotti dal 53% del 1922 a meno del 2% di oggi.
Se questa tendenza dovesse continuare, aggiunge il testo, il dato odierno di 10.000 persone potrebbe dimezzarsi nell’arco del prossimo decennio. Similmente, si osserva che i cristiani a Betlemme sono diminuiti dall’85% della popolazione nel 1948 al 12% nel 2009.
Il rapporto afferma inoltre che il Governo israeliano ha reso più difficile il rilascio dei visti per gli stranieri sacerdoti, religiosi e seminaristi. I visti, poi, sono ora validi solo un anno anziché due.
I cristiani si trovano ad affrontare difficoltà anche nelle zone sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese, sia in Cisgiordania che, soprattutto, nella Striscia di Gaza, prosegue il rapporto. Da che Hamas ha preso il controllo di Gaza, nel giugno del 2007, i cristiani hanno subito pressioni per conformarsi alle pratiche musulmane come il velo per le donne.
Quasi quotidianamente le case, i negozi e le chiese dei cristiani sono stati oggetto di aggressione, aggiunge il rapporto.
Morte
Il testo, ad ogni modo, non si limita al Medio Oriente. Per quanto riguarda l’Afghanistan, ricorda come, nell’estate del 2010, un gruppo di ex musulmani è dovuto fuggire in India perché condannato a morte per via della conversione al cristianesimo.
Nell’insieme, nello scorso anno si è verificato un drammatico peggioramento nei comportamenti verso i non musulmani, per cui i cristiani sono stati costretti a mantenere un profilo molto basso per evitare di subire accuse di proselitismo. Purtroppo, secondo il rapporto, si prevede un ulteriore peggioramento della situazione.
Un altro focolaio di ostilità verso i cristiani è il vicino Pakistan, dove molti dei problemi derivano dalla legge antiblasfemia.
Le offese al Corano sono punite con l’ergastolo, mentre gli insulti contro il profeta Maometto possono essere puniti con la pena capitale. Il rapporto cita i dati della National Commission for Justice and Peace, istituita dalla Conferenza Episcopale del Pakistan, secondo cui tra il
1986 e il 2010 vi sono state 210 accuse contro cristiani.
L’accusa di blasfemia è usata anche dalla gente in modo strumentale per vendette personali. Secondo il rapporto, dal 2001 almeno 50 cristiani sono stati uccisi per colpa di chi li ha accusati di blasfemia solo come pretesto.
L’Indonesia ha visto un aumento del fondamentalismo islamico sin dall'inizio del 2009, secondo il rapporto. Negli ultimi tempi vi sono stati numerosi atti di violenza, che vanno dall’incendio di chiese alla cancellazione delle funzioni pasquali da parte delle autorità con brevissimo preavviso, su pressione degli estremisti.
Delle 32 province del Paese, Aceh è l’unica governata completamente in base alla legge islamica, la sharia. Il rapporto osserva, tuttavia, che le autorità locali di 16 province hanno approvato normative ispirate alla sharia.
Il rapporto tratta anche altri Paesi, dalla Corea del Nord a Cuba e al Venezuela. Nell’insieme fornisce un’esaustiva dimostrazione della minaccia molto reale degli estremisti islamici contro i cristiani, una minaccia troppo spesso trascurata e non affrontata da parte dell’Occidente.
ROMA, domenica, 3 aprile 2011 (ZENIT.org).-