giovedì 28 luglio 2011

Un confronto con una delle caratteristiche del vero Dio con il dio presentato da Maometto.

Scritto da Maria Basilea Schlink 


La Sacra Scrittura ci presenta Dio come Creatore del cielo e della terra, come Onnipotente e come Giudice degli uomini.

Anche se Maometto ha attinto le sue dichiarazioni su Allah, quale onnipotente creatore e giudice, in parte da episodi tramandati dalla Bibbia, l'immagine del Dio biblico è totalmente diversa dall'immagine di Allah.
Il Dio onnipotente della Sacra Scrittura non è lontano, distaccato dagli uomini, ne è un sovrano inanimato, una qualsiasi "forza superiore", ne un dio impersonale, la cui azione è stabilita arbitrariamente, come invece l'Allah di Maometto.

No, il Dio della Sacra Scrittura, il Creatore del cielo e della terra, l'Onnipotente e il Giudice è, secondo il Suo essere, AMORE.

Questa è la testimonianza di Dio attraverso tutta la Sacra Scrittura:
"Dio è amore" (1Giovanni 4:16); "Dio infatti ha tanto amato il mondo..." (Giovanni 3: 16).
Come si manifesta questo amore?

Come un Dio personale, il Signore ha una intima relazione con noi, esseri umani, come l'ha un padre verso i suoi figli. Ecco perché nella Sua Parola sta scritto: "Sarò per voi come un padre, e voi mi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (2Corinzi 6:18).

Mentre Allah, il dio di Maometto, secondo quanto ci viene tramandato, dice: "Che cosa me ne importa?", quando un uomo da lui viene gettato nel paradiso o nell'inferno.

Quanto diverso è il nostro Dio, Colui che ama! Già nell'Antico Testamento, proprio perché Egli è amore, si manifesta come un Dio che si preoccupa di tutto ciò che riguarda le Sue creature, e vive per e con loro.

Dio è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo ed ha un cuore. Questo manca ad Allah, il dio di Maometto.
Dio, il nostro Padre nei cieli, si è legato a noi, Sue creature, noi Gli apparteniamo ed Egli appartiene a noi.
Egli percepisce le nostre difficoltà, soffre per il nostro peccato, Egli si contrista quando non vogliamo andare da Lui e corriamo verso la rovina a causa del nostro peccato.

I lamenti di Dio percorrono molte volte i libri dei profeti, leggiamo ad esempio: "lo pensavo: Come vorrei considerarti tra i miei figli e darti una terra invidiabile, un'eredità che sia l'ornamento più prezioso dei popoli! lo pensavo: Voi mi direte: "Padre mio!", e non tralascerete di seguirmi.
Ma come una donna è infedele al suo amante, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me" (Geremia 3:19-20).
"Ritornate, figli traviati, io risanerò le vostre ribellioni" (Geremia 3:22).
"Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. Forse perché ti ho fatto uscire dall'Egitto, ti ho riscattato dalla casa di schiavitù... ?" (Michea 6:3:4).

Dio è attento alle Sue creature.
Tutto l'essere di Dio è indirizzato verso le Sue creature. Egli non solo soffre per loro e con loro, ma si rallegra di loro e con loro, quando ad esempio un figlio prodigo si pente del suo peccato, si ravvede e torna da Lui.
Sì, Egli ci ama. Egli ama le Sue creature così tanto che ha dato per amore nostro ciò che aveva di più caro: il Suo Figlio unigenito.
Egli abbraccia con un amore incomprensibile tutto il mondo che ha creato, e ama ognuno in modo personale, lo chiama per nome.
Così il rapporto tra Dio e le Sue creature è un rapporto molto intimo caratterizzato dall'amore.
Come tutto questo è diverso dalla sottomissione dei musulmani al freddo e impersonale Allah!
Il Dio della Sacra Scrittura è il "Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Efesini 3:14-15).
Chi potrà comprendere le implicazioni di tutto ciò? L'immagine di Dio si irradia nel nostro cuore.
La Sacra Scrittura ci testimonia ripetutamente che Egli non è solo onnipotenza, ma, soprattutto, amore.
Per amore ci ha salvati dal peccato mandandoci Gesù, il suo amatissimo e unigenito Figlio, e se crediamo in Gesù, abbiamo accesso a Dio, nostro Padre.
Sì, siamo chiamati figli di Dio (Efesini 1:5) e siamo anche suoi eredi. Quindi la nostra appartenenza a Lui è stabilita per il tempo e per l'eternità, se noi stessi non abbandoniamo Dio.
Possiamo avere una comunione intima con Lui, più intima di quella di un figlio con il suo padre terreno.
Con questo amore Dio, ci ha donato il massimo, ha annullato l'eterna separazione, che era insormontabile, tra noi e Lui, Dio onnipotente.
Con Lui non avremmo potuto avere alcun rapporto personale, perché il nostro peccato ci separava da Lui come il cielo è separato dalla terra.
Egli ha superato questa separazione dando il Suo Figlio unigenito come sacrificio espiatorio per le nostre colpe.
Questa cosa incomprensibile è avvenuta per tutti coloro che credono in Gesù, infatti tutti noi possiamo andare a Dio, nostro Padre, come figli, sebbene siamo peccatori.
Il sacrificio di Gesù ci ha talmente avvicinati a Dio che possiamo dire: "Abba, Padre!".

E' una cosa meravigliosa: noi sappiamo di avere un Padre nei cieli, un vero Padre per noi, Suoi figli.
Dio Padre adesso ama noi peccatori attraverso Lui, il Suo Figlio unigenito Gesù Cristo (Giovanni 16:27).
Di Lui il nostro Signore Gesù dice che ha contato perfino i capelli del nostro capo (Matteo 10:30).
E quando noi siamo afflitti, Egli è afflitto. Dio si fa carico dei nostri problemi, piccoli e grandi, e in quanto Padre prende tutto in mano e si preoccupa anche delle minime cose, quali il vestiario, il cibo e tutto ciò che ci occorre.
Molti Suoi figli hanno fatto l'esperienza che non solo possiamo chiedere a Dio Padre tutto ciò che ci manca, ma lo riceviamo anche, se viviamo secondo i Suoi comandamenti e crediamo nelle promesse del Suo amore.
Non ho parole per descrivere come la mia vita sia cambiata e cosa sia avvenuto nel mio cuore da quando ho trovato l'accesso a Dio Padre come Sua figlia.
Sì, abbiamo fatto l'esperienza che per Dio Padre è un piacere farci del bene (vedi Geremia 32:41), colmarci di doni secondo le parole di Gesù: "...una buona misura, pigiata, scossa e traboccante" (Luca 6:38).
"Cento volte" ci sarà dato se, per amor Suo, avremo abbandonato fratelli e sorelle, case e campi (vedi Marco 10:29-30) e se avremo realizzato il presupposto delle condizioni poste da Gesù, per esempio: "Date e vi sarà dato" (Luca 6:38); oppure "chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà" (Matteo 10:39).
Allora le nostre preghiere saranno esaudite se le condizioni per l'esaudimento sono eseguite: "Date e vi sarà dato".
Se viviamo secondo la Sua volontà si verificherà: "...quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!" (Matteo 7:11).
Il nostro Dio è: Padre d'amore, Padre di bontà, Padre di grazia, Padre di fedeltà, Padre di misericordia, Padre di pazienza, e infine, come Lo chiama l'apostolo Paolo, "Padre di ogni consolazione".
Un amore completo.
Il Dio della Sacra Scrittura si mostra ancora in un altro modo quale vero Padre nel Suo essere e agire: Egli dimostra il Suo amore ai Suoi figli anche nel momento in cui li castiga per educarli (Ebrei 12:6).
Il Suo cuore amorevole anela a purificarci per "farci partecipi della Sua santità" (Ebrei 12:10).
Dio ci ha creati a Sua immagine e somiglianza (Genesi 1:26), ci ha redenti per mezzo di Gesù Cristo a Sua immagine, cioè all'immagine dell'amore, e desidera che si avveri in noi l'esortazione di Gesù: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Matteo 5:48).
Il Padre celeste ci educa in modo che un giorno, resi simili a Gesù, possiamo riflettere la Sua immagine ed essere uniti totalmente e intimamente a lui nel Suo Regno lassù, sedendo con Lui sul Suo trono.
Dio ha preso su di Se il compito difficile di educarci nonostante il dolore che Gli procuriamo con i nostri peccati, e ciò dimostra il Suo grande amore.
Pertanto quando Egli usa con noi la disciplina dei momenti difficili e delle sofferenze, lo fa solo perché un giorno possiamo vivere nel Suo Regno di eterna gioia e gloria e contemplarlo faccia a faccia.

Allah invece non è nemmeno presente in Paradiso.
Egli non desidera vivere lì con i suoi seguaci, perciò non è neanche necessario che li educhi.
Guidare gli uomini attraverso sofferenze non sarebbe dignitoso per lui.
Egli si compiace solo di promettere potere, onore e fortuna terrena.
Al contrario, se Dio ci permette sofferenze e prove, queste provengono dal Suo cuore amorevole, come viene confermato da molti passi della Sacra Scrittura; ad esempio: "Non è forse Efraim un figlio caro per me, un mio fanciullo prediletto? Per questo le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza" (Geremia 31:20).
Dio ha rivolto queste parole al Suo popolo eletto in un momento in cui esso si trovava su difficili vie di correzione.
Quale inesprimibile grazia! Quale dono conoscere l'immagine di Dio come ci è rivelata nella Sacra Scrittura: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1Giovanni 3:1).
Noi non siamo schiavi dì un padrone che assomiglia a un tiranno, al quale dobbiamo sottometterci ciecamente e ai cui arbitrii e capricci siamo abbandonati, anzi, ci è dato di vivere di fronte a Dio nella posizione di figli.
Così possiamo parlare con lui come un figlio con suo padre e pregarlo, come Gesù stesso ci ha insegnato nella preghiera di tutta la cristianità: "Padre nostro, che sei nei cieli...".

Le promesse del Padre nostro.
Gesù promette più volte: "...se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà" (Giovanni 16:23 e 15:16).
Sì, noi possiamo pregare Dio, nostro Padre, così: "Rimetti i nostri debiti come noi rimettiamo ai nostri debitori".
E sappiamo che se agiremo secondo la Sua parola, Egli ci perdonerà.
Dio è giusto, non esaudisce arbitrariamente, ma aspetta da noi che facciamo quanto ci chiede: perdonare il prossimo. Dopo anche a noi donerà il Suo perdono.
Queste dichiarazioni sul nostro Dio non ci inducono all'oscuro fatalismo dell'Islam.
No, qui si tratta di una relazione vivente con il nostro Padre celeste.
Quando un figlio di Dio ha addolorato il Padre celeste, può ancora commuoverne il cuore e ottenere il perdono, se, fiducioso, si umilia dinanzi a Lui con cuore contrito.
Il Padre, anziché punire, abbraccia e perdona il figlio pentito (Luca 15:20-24).
Dio, anche se ha minacciato un popolo con un severo giudizio a causa dei peccati, è talmente commosso dalla conversione che ritira il Suo giudizio, se il popolo si ravvede e si pente (Geremia 18:7-8).

Il cuore di Dio, nostro Padre, si lascia intenerire.
La rigidità di Allah, la sua indifferenza verso la sorte delle creature, è sconosciuta al vero Dio, il quale combatte per noi, per il Suo popolo, se lo vede sulle vie del peccato.
Il Suo cuore soffre persino con il peccatore che si è allontanato da Lui con la sua colpa.
Dio si lamenta, come nel libro di Geremia: "Ritorna Israele, ribelle, dice il Signore. Non ti mostrerò la faccia sdegnata, perché io sono pietoso... Non conserverò l'ira per sempre. Su, riconosci la tua colpa, perché sei stata infedele al Signore tuo Dio..." (Geremia 3:12-13).
Certo, Dio deve punire il peccato per amore della Sua giustizia e della Sua santità.
E' pur vero però che Egli, nel Suo grande amore, soffre per il peccato di un uomo o di un popolo, perché il peccato porta la rovina e l'Inferno, se non vi è ravvedimento.
Il nostro Dio si prodiga in ogni modo per indurre il peccatore a ravvedersi, se questi si pente allora la misericordia di Dio trionfa sulla giustizia. Egli perdona e accetta il peccatore.
Perciò il Salmista può lodare: "Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe, perché buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore" (Salmo 103:8-13).
In contrasto alla misericordia di Allah, lodata dall'Islam, il nostro Padre non abbandona il peccatore al suo peccato, ma con vera misericordia cura i mali e i peccati dei Suoi figli con il Sangue di Suo Figlio Gesù versato per noi.