I – La condanna della Sacra Scrittura
Dall’opera “Chiesa e omosessualità – Le
ragioni di un’immutabile condanna” (Centro Culturale Lepanto, Roma, Supp. a
“Lepanto” n. 138, gen. Feb. 1995):
L’”abominio” del peccato contro natura
La Sacra Scrittura condanna
ripetutamente, e con la massima severità, il peccato contro natura. Nell’Antico
Testamento, ad esempio, il libro del Levitico, che contiene le prescrizioni
legali dettate da Dio a Mosé per preservare il popolo eletto dalla corruzione
della fede e dei costumi, contiene una severa condanna della pratica
omosessuale definita come “abominio”.
“Non accoppiarti con un maschio come si fa con la donna: è cosa
abominevole. (…) Tutti quelli che commetteranno tali azioni abominevoli,
verranno sterminati di mezzo al popolo” (Lev. 18, 22 e 29).
“Se un maschio giace con un altro maschio come si fa con la donna,
entrambi hanno commesso un abominio: vengano messi a morte, e il loro sangue
ricada su di loro” (Lev., 20, 13).
Analoga riprovazione viene
espressa dai Profeti di Israele, come testimonia il successivo passo tratto da
Isaia: “Il loro aspetto testimonia contro
di loro: essi manifestano i loro peccati, come fece Sodoma, anziché
nasconderli. Guai a loro! Essi si preparano la loro rovina!” (Is., 3, 9).
Il castigo divino di Sodoma e Gomorra
La condanna della Bibbia non
rimane a un livello meramente teorico, ma si manifesta nella punizione dei
peccatori. L’esempio più noto e significativo è quello, tratto dal primo libro
dell’Antico Testamento (il Genesi), in cui Dio invia due suoi angeli, in
sembianze umane, per distruggere le città di Sodoma e di Gomorra, ormai corrose
dal vizio contro natura, salvando il solo Loth con la sua famiglia:
“Disse dunque il Signore (ad Abramo): ‘Il clamore delle colpe che mi
giunge da Sodoma e da Gomorra è grande, e molto grave è il loro peccato’. (…)
Poi quei due (angeli) dissero a Loth: (…) ‘Fa uscire da questo luogo
generi, figli e figlie e tutti i tuoi parenti che si trovano in questa città,
perché noi siamo giunti per distruggerla: grande è infatti il clamore dei
peccati che da essi si è innalzato verso il Signore, e il signore ci ha inviati
per distruggerla’. (…) Allora il Signore fece piovere dal cielo zolfo e fuoco
su Sodoma e su Gomorra, e distrusse quelle città e tutta la pianura e tutti gli
abitanti della città e ogni sorta di piante. (…) Abramo intanto si era alzato
di buon mattino per andare sul luogo dove prima si era fermato davanti al
Signore, e volgendo lo sguardo verso Sodoma e Gomorra e su tutta la regione di
quella pianura, vide che dalla terra si alzava un fuoco simile al fumo di una
fornace”. (Gen. 18, 20; 19, 12-13; 19, 24-28).
Commentando questo passo della
Bibbia, molti Padri della Chiesa, al seguito di Tertulliano (cfr. Apologetico, § 40) e dello storico
Orosio (cfr. Historiae eccles., I, 5)
testimoniarono poi che nella pianura in cui giacevano le due nefande città, e
che oggi coincide col Mar Morto, “la terra puzza ancora d’incendio”, per
ammonire le generazioni future a non dimenticare la punizione divina.
“Nel corso dei miei viaggi – affermò davanti ai suoi giudici il
martire san Pionio (+ 250) – ho
attraversato tutta la Giudea, ho oltrepassato il Giordano ed ho potuto
contemplare quella terra che fino ai nostri giorni porta i segni della collera
divina (…). Ho visto il fumo che ancor oggi sale dalle sue rovine ed il suolo
che il fuoco aveva ridotto in cenere, ho visto quella terra ormai colpita da
siccità e sterilità. Ho visto il Mar Morto con la sua acqua che ha cambiato
natura: si è atrofizzato per timore di Dio e non può nutrire esseri viventi” (Le
gesta dei martiri, pp. 112-113).
L’Apostolo san Paolo esclude i sodomiti dalla salvezza
Il Nuovo Testamento non fa che
confermare, con parole ancor più vigorose, questa condanna.
In alcuni passi tratti dalle sue
Lettere, san Paolo, l’Apostolo delle Genti, ci da una spiegazione profonda
della rovina di Sodoma e Gomorra, collegando l’omosessualità con l’empietà,
l’idolatria e l’omicidio.
“Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro
cuore, fino al punto di disonorarsi a vicenda i corpi, poiché essi hanno
cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato la creatura al posto
del Creatore benedetto nei secoli. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni
infami: le loro donne hanno mutato le unioni secondo natura quelle contro natura;
allo stesso modo gli uomini, lasciando l'unione naturale con le donne, si sono
accesi di passione fra maschi, ricevendo così in loro stessi la punizione che
si addice al loro traviamento. (…)
E pur conoscendo il giudizio di
Dio, che condanna a morte chi commette tali azioni, essi non solo le commettono, ma persino approvano chi le
compie” (Rom., I, 24-32).
“La Legge non è fatta per il giusto, bensì per i cattivi e i ribelli,
gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, i parricidi e i
matricidi, gli impudichi e i sodomiti, (…) e per qualunque altro vizio
contrario alla sana dottrina” (I Tim. I, 9-10).
Escludendo dalla salvezza coloro
che praticano il vizio contro natura, l’Apostolo pronuncia per loro una
condanna ben più grave della morte fisica: quella della morte eterna.
“Non illudetevi! Né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né
gli effeminati, né i sodomiti (…) erediteranno il Regno di Dio!” (1 Cor., 6,
9-10).
San Pietro e san Giuda rievocano come divino ammonimento la distruzione di Sodoma
Analoga condanna viene espressa
anche dal primo Papa, san Pietro, e dall’apostolo san Giuda, che rievocano la
distruzione di Sodoma e Gomorra presentandola come un divino ammonimento che
serve a intimorire gli empi e a confortare i fedeli.
“Se Dio condannò alla distruzione e ridusse in cenere le città di
Sodoma e di Gomorra, lo fece perché ciò fosse di ammonizione per tutti i
perversi in avvenire; e se liberò Lot, che era rattristato per la condotta di
quegli uomini sfrenatamente dissoluti, (…) il Signore lo fece perché sa
liberare dalla prova gli uomini pii e sa riservare gli empi alla punizione nel
giorno del giudizio” (2Pt., 2, 6-9).
“Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si erano abbandonate alla
lussuria ed ai vizi contro natura, vengono portate come esempio per aver subito
la pena del fuoco eterno” (Gd., 7).
(continua)