Ciò a cui stiamo assistendo in queste ore è drammatico; in tutt’Italia, certamente, ma in modo tragicamente esemplare a Roma, cuore della cattolicità. Uno scenario tanto più sconcertante quanto più in gioco non c’è solamente la salute pubblica ma la salvezza delle anime, quella eterna, del cui desiderio da tempo ormai, come pastori, abbiamo cessato di infiammare i nostri fedeli. Li abbiamo così deprivati di quei doni soprannaturali che ci rendono capaci di far fronte alle prove di quaggiù, persino agli assalti della morte, con la forza della fede e con quel sussulto di inesauribile e incrollabile speranza che ci deriva dall’anelito verso il destino di gloria per il quale siamo stati creati.
I pronunciamenti della Cei e quelli ondivaghi del cardinale vicario di Roma, come pure le immagini surreali e spettrali che ci provengono dal Vaticano, sono altrettante espressioni dell’oscuramento della fede, che ha colpito i vertici della Chiesa. I Ministri del Sole, come amava chiamarli santa Caterina da Siena, ne hanno provocato l’eclisse, consegnando il gregge alla caligine di dense tenebre.
A proposito dei provvedimenti della Cei: quando quelli emanati dallo Stato erano ancora limitati nelle sole zone a rischio, a determinati esercizi e in precise fasce d’orario, la Conferenza episcopale italiana aveva già provveduto a cancellare la totalità delle celebrazioni liturgiche pubbliche in tutte le chiese del territorio, contribuendo ad alimentare paure e panico e privando i fedeli del conforto irrinunciabile dei sacramenti. È difficile non pensare che una simile misura non sia stata suggerita al presidente della Cei da colui che, protetto dalle mura leonine, sogna da ormai ben sette anni una chiesa in uscita, accidentata, ospedale da campo, che non esita ad abbracciare tutti e a sporcarsi.
Il cardinal Bassetti, così solerte da apparire più realista del re, sembra aver dimenticato una lezione importantissima: e cioè che la Chiesa per rendere servizio al bene comune e allo Stato non deve affatto rinunciare a essere se stessa, né venir meno alla sua missione di annunciare Cristo nostro unico Signore e Salvatore, deve guardarsi bene dall’oscurare le sue divine prerogative di Sapienza e di Verità e in alcun modo abdicare all’Autorità che le viene dal Sovrano dei re della terra, Nostro Signore Gesù Cristo.
Gli eventi ecclesiali di queste ore hanno reso palese, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la tragica sudditanza della Chiesa nei confronti di uno Stato che si adopera e si prodiga in tutti i modi per distruggere l’identità cristiana della nostra Italia, asservendola a un’agenda ideologica, immorale, nemica dell’uomo e della famiglia, mondialista, malthusiana, abortista, migrazionista, che vuole la distruzione della Chiesa, e non certo il bene del nostro Paese.
A porre rimedio all’assenza di una voce autorevole e di gesti rincuoranti da parte del Vicario di Cristo e dei pastori hanno provveduto il coraggio e la sapienza di alcuni ardenti sacerdoti e fedeli laici.
Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Aprite, anzi spalancate le porte delle nostre chiese perché i fedeli vi possano entrare, pentirsi dei loro peccati, partecipare al Santo Sacrificio della Messa e attingere al tesoro di grazie che sgorgano dal Cuore trafitto di Cristo, nostro unico Redentore che può salvarci dal peccato e dalla morte.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo di Ulpiana
Nunzio apostolico