Denise Shick (foto a fianco) è cresciuta negli Stati Uniti con un padre “transgender” e il 24 marzo ha raccontato
alla Corte Suprema americana «l’ossessione di mio padre transessuale» e
la «sua infelicità anche quando ha ottenuto ciò che pensava di
desiderare». Shick è stata chiamata a raccontare la sua storia ai
giudici federali e si è opposta alla legalizzazione dei matrimoni tra
persone omosessuali.
«MIO PADRE NON ERA FELICE». Shick ha ricordato
quando all’età di 9 anni si sentì dire da suo padre che voleva diventare
una donna e di quanto «i desideri sessuali di mio padre e i suoi
comportamenti fossero più che disorientanti». L’uomo, che cominciò a
vestirsi e comportarsi da femmina, sua figlia lo ricorda come «un
miserabile che voleva che tutti intorno a lui condividessero la sua
miseria. Non ricordo un giorno in cui mi sembrò felice o che sorridesse.
Risa e gioia semplicemente non facevano parte della sua vita».
Come tante persone transessuali, suo padre aveva molti problemi, tra
cui l’alcolismo, per cui quando era ubriaco «veniva con la sua cintura
nera e spessa» e «dopo le frustrate non sapevo bene che cosa mi facesse
più male, se i lividi sulla mia schiena o vederlo e sentire le sue
risate maniacali dopo che aveva picchiato i suoi figli». Fu solo più
tardi che «gli abusi diventarono psicologici», quando «mio padre mi
disse che voleva diventare una donna». Ai giudici Shick ha ricordato la
sensazione «di rigetto e di abbandono» e il desiderio «naturale» di un
padre e di «un rapporto tra un vero padre e una vera madre». Ma lui
sembrava non comprendere questi desideri. Ma ci fu anche un’altra cosa
«che mi confuse ancora di più». Il padre le disse che ogni volta che lo
avesse visto con le gambe accavallate, «saprai che in quel momento mi
sto sentendo una donna». Pensiero che riaffiorava alla mente di Shick
tutte le volte che vedeva un uomo in quella posizione, perché «parole
come quelle non abbandonano la memoria di un bambino e hanno un impatto
sulla sua vita».
ABUSI E VIOLENZE. Quando Shick divenne adolescente
il padre, invidioso del suo corpo, cominciò a palpeggiarla e più il
tempo passava «più l’ossessione di mio padre nel comprare vestiti
femminili cresceva» e «lentamente cominciai a capire che stava
distruggendo il mio desiderio di essere una donna». Il desiderio
«ossessivo compulsivo» lo portò a rubarle i vestiti, dopo aver speso
tutti i risparmi di famiglia in trucchi e abiti. Così, «nonostante la
mia volontà iniziale di spezzare il ciclo di abusi, la depravazione ebbe
i suoi effetti. Da adolescente cominciai a bere» e «scoprendo un
profondo desiderio di amore maschile e di attenzioni che non avevo
ricevuto da mio padre, cominciai a flirtare con quelli da cui volevo
attenzioni e alla fine delle scuole medie avevo 13 fidanzatini». Alla
fine, fra alcol e uomini, «raggiunsi un punto in cui contemplai il
suicidio». A salvare la ragazza fu la frequentazione della casa di un
amico, che poi diventerà suo marito e da cui imparò cosa fosse una
famiglia e chi fosse un padre.
NON VOGLIO DUE MAMME».
Il peggio sembrava superato, eppure, persino il giorno delle nozze,
mentre Shick stava per raggiungere l’altare, «mio padre mi disse che
voleva essere al mio posto (…), per sopravvivere feci finta di non
sentire (…). Mi rubò il mio “giorno speciale” accentrando tutto su di
lui e sul suo desiderio egoista». Eppure, dopo tutta questa vicenda,
Shick è stata spesso «accusata di essere insensibile e irrispettosa dei
desideri di mio padre», perché «non volevo due mamme. Ho sempre voluto
una mamma e un papà. Un papà che mi insegnasse a ballare. Un papà che mi
spiegasse che cosa cercare nel mio futuro marito». Ma «la mia brama per
un padre non era egoista, era semplicemente il bisogno di ogni
bambino». Quando la donna ebbe figli decise quindi di allontanarsi dal
padre per la loro sicurezza, mentre lui «lasciò mia madre per soddisfare
pienamente il “suo sogno di vita” come donna e avere relazioni con
altri uomini», finché «trent’anni più tardi mia madre mi disse che mio
padre stava morendo». Shick ha quindi spiegato ai giudici che per i
sei mesi successivi, prima del decesso, «ebbi modo di parlare con lui e
come adulta di provare a comprendere la sua pena attraverso gli occhi
della compassione e dell’amore», perché «nonostante tutto restava mio
padre» e «io lo amo». Ma «l’ironia è che alla fine, quando ebbe ciò che
pensava di aver sempre desiderato, non raggiunse comunque la felicità e
la soddisfazione. Rimase triste fino all’ultimo momento della sua vita.
Lo dico con le parole di mio padre: “Ho cambiato la mia casa molte
volte, cambiamenti, cambiamenti, cambiamenti, cambiamenti. Eppure, mi
manca qualcosa, quel qualcosa è la completezza”»
«NON SI PUÒ FARE L’IMPOSSIBILE». In questi mesi altri adulti
cresciuti con coppie dello stesso sesso o genitori con uno stile di
vita omosessuale hanno testimoniato di fronte alla Corte Suprema. «Noi
non pretendiamo di dire che tutti i genitori omosessuali o i genitori
transessuali agiranno in modo abusivo», conclude Shick. Però, anche se
le coppie «dello stesso sesso hanno intenzioni buone e buoni curriculum,
non sono in grado di fare l’impossibile: come può un uomo fare da
modello femminile a una bambina?». Infatti, per quanto Denise amasse suo
padre, «il suo tentativo di entrare in una “Identità femminile”
fantastica è stato disastroso e incredibilmente distruttivo». Perché «un
uomo non è un donna, anche se pensa di esserlo. E se questa Corte
cercherà di cancellare il sesso, questo progetto inutile nel lungo
periodo non avrà migliori risultati di quelli che ha qualsiasi tentativo
di far finta che la natura non esista. La realtà ha dei limiti che la
fantasia e l’irresponsabilità semplicemente non possono superare.
Pertanto i cittadini di ogni Stato hanno il diritto, e anche una
responsabilità, di proteggere la salute pubblica, il benessere generale e
il bene dei bambini non estendendo il matrimonio al di là della sua
definizione tradizionale, naturale e sana».