mercoledì 11 novembre 2015

Argentina: la storia di Manuel/Luana, transgender a 6 anni

Le principali responsabilità di tale processo di normalizzazione della devianza sessuale, secondo il dott. Paul R. McHugh, sono da attribuirsi all’amministrazione Obama, Hollywood e ai grandi mezzi di co­municazione
Dall’Argentina arriva la storia di Luana, nato Manuel, che nel 2013, a soli 6 anni, è diventato il più piccolo bambino a beneficiare della legge argentina che permette il cambio di sesso sui documenti ufficiali.
Manuel/Luana è subito diventato una bandiera ideologica per la comunità transgender, che ha utilizzato la sua triste storia, come racconta un reportage dell’Associated Press, per sollevare un ampio dibattito riguardo il modo migliore di crescere i figli che si identificano con il genere diverso da quello di nascita.
Il processo di transizione da maschio a femmina del piccolo Manuel/Luana, che oggi dichiara di essersi sempre sentito diverso dal suo fratello gemello, Elias, amante delle pistole e delle macchine telecomandate, è stato appoggiato dalla madre, Gabriela Mansilla, la quale contro il parere dei medici, che avevano consigliato una terapia di “rinforzo della mascolinità”, ha preferito intraprendere la strada del cambio di genere.
A tale proposito, la mamma di Manuel/Luana oggi giustifica così le sue scelte:
ho preferito assecondare le scelte di mio figlio”. Partendo dalla semplice constatazione della realtà: che i suoi adorati gemelli non avevano nulla in comune. Perché Manuel, all’opposto di Elias, amava le bambole, le principesse e le sirene. E indossava camicie sulla sua testa per mimare i capelli lunghi. Tutto qui. Ma non è stato sempre facile rispettare il suo orientamento, ammette Gabriela Mansilla. “La gente del quartiere mi chiamava ‘la signora pazza che traveste il suo bambino’”.
Probabilmente la signora Mansilla non ha mai sentito parlare del dott. Paul R. McHugh, uno dei più autorevoli psichiatri a livello mondiale, con quasi mezzo secolo di pratica professionale, che solo poche settimane fa, ha sollevato un piccolo tsunami nel mondo accademico affermando che il transgenderismo è un “disturbo mentale” da trattare medicalemente, e che il cambio di sesso è “biologicamente impossibile”.
Nell’articolo, pubblicato sul Wall Street Journal, lo psichiatra statunitense riporta vari studi che mostrano come il tasso di suicidi tra le persone transgender sia venti volte superiore a quello tra persone non transgender, citando, inoltre studi della Vanderbilt University e della Portman Clinic di Londra che mostrano come, nel 70% dei casi, i sentimenti transgender spariscono spontaneamente col passare del tempo.
Le principali responsabilità di tale processo di normalizzazione della devianza sessuale, secondo l’ex Primario di psichiatria, sono da attribuirsi all’amministrazione Obama, Hollywood e ai grandi mezzi di co­municazione, che incoscientemente:
“Promovendo il transgenderismo come normale, questi signori non fanno affatto un favore né al pubblico né ai transgender, nel trattare le loro confusioni mentali come un diritto che va difeso piuttosto che come un disturbo mentale che merita comprensione, trattamento e prevenzione “.
Il disturbo della persona transgender, continua McHugh,
sta nel fatto che la percezione psicologica che essa ha della propria sessualità non corrisponde alla realtà fisica del suo corpo, cioè alla propria mascolinità o femminilità, come assegnata dalla natura. In linguaggio scientifico si chiama gender dysphoria. Si tratta di un disturbo simile all’anoressia, nella quale, guardandosi allo specchio, una persona pericolosamente magra si vede comunque sempre “sovrappeso”, oppure alla dysmorfia, nella quale una persona percepisce se stessa come fisicamente diversa da ciò che in realtà è.
McHugh ritiene dunque che sia un suo preciso dovere come medico e come psichiatra, mettere in guardia l’opinione pubblica nei confronti dell’ideologia gender che costituisce un grave pericolo per la salute mentale della società: “Dobbiamo puntare il dito e dire che il re è nudo!
“Il cambio di sesso è biologicamente impossibile le persone che si sottopongono a un tale intervento non si trasformano da uomo a donna, o viceversa. Piuttosto, diventano uomini effeminati e donne mascolinizzate. Affermare che tale in­tervento è un ‘diritto ‘equivale a promuovere, a livello sociale, un grave disturbo mentale”.